Mer04022025

Aggiornamento:09:40:16

Notizie

Procedono a gonfie vele le iscrizioni alla Plan de Corones MTB race

SAN VIGILIO DI MAREBBE (BZ) – Fermento e grande concentrazione attorno alla Plan de Corones MTB Race: il sogno è quello di raggiungere lustro e splendore delle vicine di casa altoatesine. E la via imboccata pare davvero essere quella giusta. Trascorso un mese e mezzo dall’inizio delle iscrizioni, sono numerosi bikers che hanno scelto e stanno scegliendo giorno dopo giorno di ritrovarsi nella caratteristica piazza di San Vigilio di Marebbe. L’appuntamento è fissato per domenica 14 luglio. Quale sarà il segreto della Plan de Corones MTB Race alla sua seconda edizione? Le risposte sono molteplici: ad un indiscutibile fascino del territorio che offre scorci paesaggistici mozzafiato lungo un percorso adatto ad appassionati ed agonisti, si può certo aggiungere la possibilità di recarsi in alta montagna con la famiglia durante uno dei mesi più caldi dell’anno. Per non parlare dell’opportunità di percorrere in sella alla propria mountainbike le salite che conducono al Plan de Corones, cui sono associati due indimenticabili arrivi di tappa del Giro d’Italia. Le cui maglie per l’edizione 2013 sono state svelate proprio qualche giorno fa. Per rimanere nel settore fuoristrada, però, non va dimenticato che un certo ascendente sui bikers lo può senza dubbio avere il fatto che la Plan de Corones MTB Race è stata nel 2012 la prima gara vinta dal campione italiano Juri Ragnoli (Scott Racing Team), indossando il tricolore meritatamente conquistato in quel di Schio.

Presentato il percorso della Granfondo Città di Loano

Loano (Sv) -  E’ stato confermato il percorso della 3a Granfondo Città di Loano che domenica 3 febbraio prenderà il via dal Porto Marina di Loano (Sv), sulla splendente costa ligure: sono così ufficialmente 99,7 i chilometri della gara per un dislivello totale di 1642 metri. Dopo il via, che vedrà sfilare i granfondisti al di fuori dell’abitato della cittadina savonese, la carovana della corsa seguirà la strada statale Aurelia fino ad Albenga (Sv), dove il tracciato di gara svolterà verso destra per abbandonare la costa e addentrarsi verso l’interno.

Romano Pace: la storia del ciclismo amatoriale laziale passa prima da lui

Raccontare la storia di Romano Pace, maestro di vita e di sport, storico Presidente del Team Asd G.S. Ristorante Picar all'Eur, è come aprire pagine indimenticabili di storia sportiva ed in particolare nel ciclismo nazionale ed internazionale. Ecco il racconto di una splendida e luminosa testimonianza : Romano da sempre appassionato di ciclismo, inizia la sua lunga ed intensa attività nel ciclismo federale esordendo nel ruolo di Presidente presso la gloriosa società capitolina Tutto Burro Panella sponsorizzata direttamente dallo sportivissimo Riccardo Panella titolare della nota azienda dolciaria romana. Una società di autentici sportivi e amatori master federali che nella lunga gestione sportiva, ha saputo degnamente rappresentare il ciclismo federale del lazio confermandosi tra le prime società nazionali nelle gare più importanti e prestigiose d'Italia Medio Gran Fondo strada e Cicloraduni.

Francesco Moser: l'italiano con più vittorie nella storia del ciclismo

L’ennesima occasione per scambiare due battute con Francesco Moser (classe 1951) è stata l’inaugurazione dei nuovi show-room di Nencini Sport (la grande catena di negozi toscana specializzata un po’ in tutti gli sport) aperti di recente a Calenzano, alle porte di Firenze. Oltre al campione di ciclismo, invitato per rappresentare il brand delle bici che portano il suo nome, per questa bella festa di settembre, il marketing di Nencini aveva invitato anche altri campioni dello sport, tra cui Umberto Pelizzari per l’apnea e Stefano Baldini per la maratona. Quella della Toscana non è una terra sconosciuta per Moser, tutt’altro, dato che è da queste colline che partì la carriera del corridore trentino, quando a 18 anni iniziò a correre per la Bottegone. Passò professionista nel ’73, a 22 anni, e vinse subito una tappa al Giro d’Italia. Da qui in avanti partì una escalation ed una lista di vittorie interminabili che lo vide protagonista sulla scena e sulle strade del ciclismo italiano e mondiale per la sua lunga e gloriosa carriera, durata 15 anni, fino al 1988. Anno in cui si ritirò dal professionismo, ma non appese per niente la bici al chiodo, continuando a pedalare e ad essere gradito ospite d’onore in molti eventi e manifestazioni ciclistiche, dimostrando la sua grande modestia e generosità, che da sempre lo contraddistinguono nella vita di tutti i giorni. Anche se in corsa lo chiamavano “Sceriffo”, per via della sua grande capacità di gestire il gruppo. Non poteva essere altrimenti, un campione che nel suo palmares può vantare 3 vittorie consecutive alla Parigi-Roubaix (’78-’79-’80); 1 Milano-Sanremo (1984); 2 Giri di Lombardia (’75-’78); 2 Campionati del Mondo, uno su pista nel ’76 e uno strada nel ’77; 2 Campionati Italiani (’79-’81); ed 1 Giro d’Italia nel 1984. Oltre a tutto ciò, Francesco Moser è colui che a Città del Messico nel 1984 riuscì a battere il Record dell’Ora (max distanza percorsa in 1 ora), fin allora detenuto dal Cannibale Eddy Merckx, con 50,808km portandola a 51,151km quattro giorni dopo.

Alfredo Martini: la storia vivente del ciclismo mondiale

Alfredo Martini: un uomo ricco di saggezza; un ragazzo che ha vissuto il passaggio della Seconda Guerra Mondiale da partigiano; una persona piena di ricordi preziosi, ma allo stesso tempo dominato da una grande umiltà e disponibilità nei confronti del prossimo. Sempre gentile e disponibile, Alfredo Martini non dice mai di no a chi lo invita a cerimoniali o gare per presenziare come testimonial con la sua pesante e dovuta icona di Presidente Onorario della Federazione Ciclistica Italiana. A quest’uomo, chiunque può leggere nel cuore di essere animato da un grande amore verso il ciclismo, che da sempre rappresenta la sua vita e la sua ragione di essere. Alfredo Martini ha varcato da poco la soglia dei 90 anni (il prossimo 18 Febbraio ne compirà 92), ma non li dimostra affatto. Nasce a Calenzano, alle porte di Firenze, nel lontano 1921: all’età di 6 anni, il padre, con 420 lire, gli compra la prima bicicletta, con la quale il piccolo Alfredo, nel 1928, va vedere il passaggio di una tappa del Giro d’Italia, alle Croci di Calenzano, a due passi da casa. Tra i corridori, vede transitare anche quel mito di nome Alfredo Binda, destinato a diventare il CT del giovane ragazzino toscano.  Ed è qui che scocca la scintilla; da questo momento in poi, dentro l’anima di questo ragazzo degli anni ’20, nasce l’amore per il ciclismo. Un amore che Alfredo Martini porterà con se per tutta la vita, fino ad oggi. Ecco perché, Alfredo Martini, possiamo definirlo una enciclopedia vivente della storia mondiale del ciclismo. Martini è un uomo che ha vissuto quasi tutte le generazioni del ciclismo, da quello eroico degli anni ’20, a quello più moderno delle radioline; dalle bici in ferro di 14kg a cinque rapporti, alle specialissime in carbonio con le ruote lenticolari. La bicicletta, lui l’ha vissuta a 360°, da ciclista prima, pedalando al fianco di campioni del passato dal nome storico altisonante ed eroico, come Magni (il suo amico di sempre, scomparso recentemente), Coppi e Bartali; e da Commissario tecnico della Nazionale (1975 al ’97) poi, salendo in ammiraglia, dalla quale ha guidato alla vittoria i campioni nazionali di due generazioni. Durante la sua lunga carriera da CT, durata 23 anni, Martini ha conquistato l’iride per ben 6 volte. Il primo mondiale arriva con Moser in Venezuela nel ’77; segue quello di Saronni in Inghilterra nell’82; quindi Argentin negli USA nell’86; poi Fondriest in Belgio nell’88; infine la doppietta di Bugno del ’91 e ’92, rispettivamente in Germania e Spagna. Molti di questi ricordi, Martini li porta ancora con se nel cuore, e lo dimostrano le tante fotografie e trofei appesi nel suo studio di Sesto Fiorentino, dove il Maestro mi ha accolto, per questa intervista rilasciata in esclusiva per i lettori di INBICI, che vi proponiamo in esclusiva anche sul nostro sito. Tra le tante foto e ricordi, non poteva mancare quella con colui che Martini considerava un po’ come il “figlio adottivo”, l’indimenticabile Franco Ballerini.