Mar11192024

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Francesco Moser: l'italiano con più vittorie nella storia del ciclismo

L’ennesima occasione per scambiare due battute con Francesco Moser (classe 1951) è stata l’inaugurazione dei nuovi show-room di Nencini Sport (la grande catena di negozi toscana specializzata un po’ in tutti gli sport) aperti di recente a Calenzano, alle porte di Firenze. Oltre al campione di ciclismo, invitato per rappresentare il brand delle bici che portano il suo nome, per questa bella festa di settembre, il marketing di Nencini aveva invitato anche altri campioni dello sport, tra cui Umberto Pelizzari per l’apnea e Stefano Baldini per la maratona. Quella della Toscana non è una terra sconosciuta per Moser, tutt’altro, dato che è da queste colline che partì la carriera del corridore trentino, quando a 18 anni iniziò a correre per la Bottegone. Passò professionista nel ’73, a 22 anni, e vinse subito una tappa al Giro d’Italia. Da qui in avanti partì una escalation ed una lista di vittorie interminabili che lo vide protagonista sulla scena e sulle strade del ciclismo italiano e mondiale per la sua lunga e gloriosa carriera, durata 15 anni, fino al 1988. Anno in cui si ritirò dal professionismo, ma non appese per niente la bici al chiodo, continuando a pedalare e ad essere gradito ospite d’onore in molti eventi e manifestazioni ciclistiche, dimostrando la sua grande modestia e generosità, che da sempre lo contraddistinguono nella vita di tutti i giorni. Anche se in corsa lo chiamavano “Sceriffo”, per via della sua grande capacità di gestire il gruppo. Non poteva essere altrimenti, un campione che nel suo palmares può vantare 3 vittorie consecutive alla Parigi-Roubaix (’78-’79-’80); 1 Milano-Sanremo (1984); 2 Giri di Lombardia (’75-’78); 2 Campionati del Mondo, uno su pista nel ’76 e uno strada nel ’77; 2 Campionati Italiani (’79-’81); ed 1 Giro d’Italia nel 1984. Oltre a tutto ciò, Francesco Moser è colui che a Città del Messico nel 1984 riuscì a battere il Record dell’Ora (max distanza percorsa in 1 ora), fin allora detenuto dal Cannibale Eddy Merckx, con 50,808km portandola a 51,151km quattro giorni dopo.

Ma tra tutte queste vittorie, qual è quella che ti ha lasciato il ricordo più bello?

"Una che forse nessuno si immaginerebbe neanche potessi dire, perché la gente di solito si ricorda solo delle grandi classiche e dei grandi giri. Invece per me è il secondo Giro di Lombardia che ho vinto nel ’78, dove ho battuto Hinault in volata che mi aveva corso a ruota tutto il giorno, in quanto c’era in ballo il Super Prestige Pernod, che per vincerlo dovevo solo arrivare davanti a lui. Mi piace ricordare questo titolo, perché allora il Super Prestige Pernod era un po’ come la Coppa del Mondo di oggi. Ne sono molto orgoglioso, perché nei 29 anni della sua storia (1959 – 1987) sono stato l’unico italiano a vincerlo, con la premiazione che avveniva a fine anno a Parigi con una bella cerimonia. Tra l’altro, sempre in quell’anno, avevo appena perso il Mondiale da Knetemann, per cui il Super Prestige mi ripagava di quella medaglia d’argento che avevo preso Nürburgring in Germania. Il ’78 è l’anno in cui sono andato più forte nella mia carriera quando, non a caso, oltre al Lombardia ho vinto anche la prima delle mie tre Parigi-Roubaix consecutive, anch’esse da mettersi nel cassetto dei ricordi più belli. Poi, ovviamente, non posso non ricordare il Campionato del Mondo in linea di San Cristóbal nel ’77 in Venezuela, la vittoria del Giro d’Italia dell’84, una corsa che ho inseguito per tutta la mia carriera, conquistato proprio nell’ultima crono di Verona davanti a Fignon, ed il successivo Record dell’Ora di Città del Messico, che comunque è una corsa diversa, in quanto individuale".

E come tutti sappiamo hai collezionato un palmares da Grande Campione quale sei stato. Ma dopo il ritiro dal professionismo ti sei dedicato a fare l’imprenditore, nella produzione di bici da corsa prima, ed in quella del vino poi. Parlaci un po’ di queste tue due esperienze?

"Quella della produzione di biciclette è stata sicuramente una esperienza importante, ma poi mi sono accorto che quello delle bici da corsa pian piano è diventato un mercato sempre più saturo e difficile, specialmente in questi ultimi anni. Con il passare del tempo ho capito che, o fai un grande investimento come hanno fatto le grandi aziende oltre oceano, o altrimenti è molto difficile rimanere a galla. Purtroppo, non è più come una volta, quando le biciclette le facevano principalmente gli artigiani italiani, ed erano apprezzate in tutto il mondo e considerate le migliori sulla piazza. Adesso, il mercato si è allargato troppo, ed è difficile far prevalere il Made in Italy in giro per il mondo, anche se, ovviamente, i brand italiani hanno sempre la loro valenza e la loro importanza all’estero, oltre che in Italia. Ed è per questo che ho preferito uscire fuori dalla gestione diretta dell’azienda cedendo il marchio a terzi, pur rimanendo sempre testimonial, motivo per cui mi trovo anche qui oggi nei nuovi showroom di Nencini Sport, concessionario di zona per le bici che portano il mio nome. Quella del vino, invece, è una passione di famiglia, che mi è stata tramandata da mio padre, e che adesso continuo a gestire insieme ai miei figli. Quando ancora correvo, infatti, ho comprato dei terreni, dai cui vigneti, oggi, produciamo vini trentini doc e spumanti. Sempre all’interno dell’azienda agricola Maso Villa Warth, abbiamo ricavato un agriturismo, piccolo ma accogliente e non lontano da Trento".

Nonostante ti dedichi molto alla produzione del vino, vediamo che sei sempre in ottima forma e sappiamo che non hai per niente attaccato la bici al chiodo, continuando ancora ad andare in bici e partecipando a varie iniziative ed eventi sportivi, giusto?

"Diciamo che ultimamente, tra impegni vari con il ciclismo ed il lavoro in azienda riesco ad andare in bici solo una volta alla settimana. Ma essendo invitato spesso ad eventi ciclistici come testimonial dai tanti amici che ho un po’ sparsi ovunque in Italia, salgo in bici anche al weekend. Come ad esempio domani, dove, trovandomi già qua a Firenze, parteciperò alla granfondo cicloturistica Alfredo Martini, in onore del grande Alfredo, organizzata da Saverio Carmagnini presidente dell’ASD Giglio d’Oro. Oltre che per pedalare sulle belle strade del Mugello, sarà anche l’occasione per rivedere vecchi amici. Comunque, anche quando vado a seguire il Giro d’Italia faccio spesso la parte finale della tappa. Per chi non lo sapesse, vorrei ricordare che ogni anno facciamo “La Francesco Moser”, una pedalata cicloturistica di 73km attraverso le strade della Valle dell’Adige con partenza da Gardolo ed arrivo alle mie cantine del Maso Villa Warth a Gardolo di Mezzo, dove sotto al tendone offriamo da mangiare e bere a tutti. Di solito la facciamo a giugno e quella di quest’anno è stata la 24° edizione. Chi vuol venire il prossimo anno è benvenuto, ci contatti sul nostro sito".

Ma quando sei in gruppo con gli amatori come ti trovi? Come vanno?

"Faccio quello che posso fare, in quanto ormai contro l’età si può fare ben poco, la testa ci sarebbe ancora ma è il fiato che manca, anche se devo dire che le gambe rispondono ancora bene, non mi fanno male. Forse se andassi in bici almeno tre volte la settimana durerei meno fatica, ma mi diverto comunque ad organizzare il gruppo, anche perché molti non sanno neanche come si fa a tirare (e qui Moser conferma il suo ruolo di Sceriffo, che ovviamente ha sempre nel sangue). Anche se devo dire che molti amatori vanno veramente forte. L’ho notato, oltre che ad una granfondo che ho fatto di recente in Sicilia, dove ho dovuto lasciar andar via i primi che menavano di brutto, anche con voi giornalisti nella gara di Campionato Italiano che abbiamo fatto insieme a Pergine Valsugana lo scorso 2 settembre (vedi INBICI di ottobre pagg. 28-29) non andavate per niente piano, i primi pedalavano veramente forte".

Ovviamente, non posso fare a meno di spendere anche due parole su tuo figlio Ignazio e tuo nipote Moreno.

"Ignazio passerà in una squadra Continental della BMC, dove avrà l’opportunità di confrontarsi con i professionisti. Di recente ha vinto anche qui in Toscana, ed ha comunque fatto degli ottimi piazzamenti, anche perché essendo un passista deve tirare la volata ad i velocisti e quindi si piazza spesso intorno alle prime cinque posizioni. Non potrà mai diventare uno scalatore, perché pesa più di 80kg, ma dovrebbe cercare di dimagrire un po’. Quando correva tra gli Juniores era più magro, ma poi ha fatto un salto nella crescita tutto di un botto, infatti è anche più grande e peso di me. Mentre Moreno è molto più asciutto e più piccolo, peserà sui 63-65kg, e gli piace correre dietro per poi dare le sue sparate brucianti. Dicono che assomiglia a Saronni, ma invece secondo me fa un po’ come facevano Bitossi e Argentin. Te lo dico perché so bene come correvano loro e conosco abbastanza mio nipote per sapere come corre lui. Tra l’altro, oltre ad allenarsi spesso insieme ad Ignazio, entrambi hanno corso per la Lucchini fino all’anno scorso, che poi Ignazio ha lasciato per andare alla Trevigiani. Per il futuro mi auguro che Ignazio possa diventare un uomo da classiche, da gare di un giorno, un po’ alla Bonen per intenderci. Mentre Moreno credo abbia avuto troppa fretta nel firmare il contratto che ha firmato, forse poteva aspettare e valutare più con calma cercando di capire chi sarebbe diventato il nuovo sponsor della ormai ex Liquigas, che come tutti sapete è diventata Cannondale. Dico questo perché con tutte le corse che ha vinto, Moreno aveva richieste da molte squadre e quindi poteva scegliersi comodamente sia quella che gli assicurava il miglior team che quella dove guadagnava meglio".

Quali sono le differenze tra il ciclismo dei tempi di Moser e quello di oggi?

"E’ cambiato tutto, poiché una volta si correva per il capitano. Ogni capitano aveva la sua squadra ed ogni squadra lavorava per il suo capitano, punto! Io avevo la mia, Saronni la sua e così Gimondi, Battaglin, Bitossi e tutti gli altri. Il motto era che era il capitano che arrivava, mentre i gregari si staccavano e alla fine davanti rimanevano sempre i migliori che lottavano per la vittoria. Questo faceva divertire sempre di più la gente, che sapeva che su quelle salite avrebbe visto passare i propri idoli. Oggi invece vai a vedere le corse dove vincono corridori che la gente non sa neanche chi sono. Invece, una volta vincevano sempre e solo i migliori, perché tutto veniva indirizzato con quel sistema. Sarà giusto o sbagliato, non lo so, ma i gregari erano gregari, punto e basta. Adesso invece ognuno corre per conto suo e cerca solo di farsi notare, senza rispettare il ruolo del gregario. Io, comunque, se andava via una fuga non stavo li ad aspettare il gregario, cercavo subito di andare a prenderli. Mentre Saronni non tirava mai, faceva tirare sempre i suoi (e qui si fa sentire di nuovo la rivalità con il suo antagonista di sempre, il grande Giuseppe Saronni). Una volta la gente guardava le corse con più interesse, mentre oggi guardi e non capisci neanche cosa fanno".

Come vedi il ciclismo italiano ed in generale per il futuro?

"Io lo dico sempre: non possiamo più pensare che tornino i tempi nostri, perché la concorrenza aumenta sempre di più e la torta è sempre la stessa. Prima ci si spartiva tra Italia, Francia, Spagna, Belgio, Olanda, un po’ di inglesi, ma tutti quelli dell’est fino agli anni ‘80 non esistevano. Adesso invece tra un po’ in Italia non abbiamo più neanche una squadra. Penso che i corridori siano un po’ troppo coccolati, non abbiamo nessuno che va a cronometro, e questo è gravissimo. Io non avevo paura ad andare ad allenarmi per la cronometro, è una disciplina che a parere mio va curata di più. Devi avere la mentalità per farla, per avere la capacità di concentrarti ed esprimere il massimo in quella mezz’ora tre quarti d’ora. Un altro problema, credo sia legato anche al fatto che la velocità aumenta, anche se di poco, ma sempre di più ogni anno; le medie si alzano, e quindi è sempre più difficile che vadano via delle fughe, perché il gruppo le riprende troppo facilmente. Poi, entrano di mezzo anche le radioline che fanno diventare i corridori radiocomandati, con i direttori sportivi che decidono quando far scattare, tirare o non tirare uno. E nonostante questo poi, a volte, anche loro sbagliano. Ai nostri tempi non aspettavamo che ci dicesse quando tirare il direttore sportivo, i capitani erano capitani per questo motivo, perché decidevano loro la corsa. Comunque, ribadisco che la velocità è la nemica del ciclismo, lo dimostra la Parigi-Roubaix, una corsa durissima dove arrivano tutti scaglionati, mentre nella maggior parte delle corse arrivano in gruppo fino a pochi metri dall’arrivo. Ecco che per evitare questo, gli organizzatori inseriscono, come accade ultimamente nel Giro d’Italia, delle salite lunghe e dure, ma tanto è inutile, perché i corridori si guardano fino all’ultima salita e poi fanno la corsa solo su quella, perché prima hanno paura di attaccare, e diventa solo una corsa a sfinimento sugli ultimi 3-4 km senza mai vedere nessun attacco fatto prima. Un ciclismo davvero diverso da quello dei nostri tempi!"

Azienda Agricola Moser – Maso Villa Warth

Gardolo di Mezzo, Trento – tel. 0461-990.786

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Bici MOSER - www.ciclimoser.com

 

 

Fonte:

Autore Leonardo Olmi