Tolta la divisa da ciclista e indossate giacca e cravatta (che, tra l’altro, porta con estrema “nonchalance”) Gianni Bugno, classe 1964 e una vita passata sulle strade di tutto il mondo a pedalare e fare fatica (e soprattutto a vincere…), oggi è uno stimato dirigente sportivo di livello internazionale. Presidente del CPA Cycling (Cyclistes Professionnels Associes), l’organo ufficiale dei prof, Bugno lo ricordo come uno di quei ciclisti passati nella storia non solo per le sue gesta atletiche ma anche per la sua classe e il suo modo di porsi: modi garbati, il più possibile lontano dai riflettori, discreto, umano. Il Gianni Bugno che ho conosciuto qualche anno fa, quando cominciai a fare il giornalista e a occuparmi di ciclismo, lo rivedo sempre con piacere ed è con piacere che, nella sua “normalità”, abbiamo fatto quattro chiacchiere come due vecchi amici. L’intervista che mi ha rilasciato non vuole essere il solito elenco di vittorie. Sarebbe stato troppo banale con Gianni. La verità è che, più per un mio desiderio personale che per altro, volevo capire meglio l'uomo e approfondire temi di vita quotidiana che mi incuriosiscono e, spero, appassioneranno anche voi.
La telefonata che ti feci l’altro giorno purtroppo coincide con una data tristissima per il ciclismo italiano: la morte di Fiorenzo Magni. Doveroso un ricordo del mitico “terzo uomo”, un grande che, come te, non ha raccolto tutte quelle soddisfazioni che avrebbe meritato. Tu che l’hai conosciuto da vicino, cosa ti ha lasciato in eredità? Se potessi ancora farlo, cosa gli chiederesti?
“Il ricordo che ho di Fiorenzo Magni è quello di un uomo pacato e deciso allo stesso tempo, del suo modo di parlare con quell’inconfondibile accento toscano. Una figura di così grande spessore ti fa capire cosa significa l'impegno morale nella vita di tutti i giorni: sacrificio, lealtà, lavoro e credibilità; questi valori sono stati il suo insegnamento, quello che mi ha trasmesso prima, quando ero ancora un corridore in attività, e poi, una volta “appesa la bici al chiodo”, nelle vesti di dirigente sportivo.
Fiorenzo Magni – te lo dico perché forse non tutti lo sanno – fu colui che fece costruire sulla mitica salita del Ghisallo (Lombardia) il “Museo del ciclismo”, in cui ancora oggi si possono trovare cimeli e “pezzi” di storia di questo sport bellissimo e affascinante che lui con le sue gesta ha contribuito a rendere famoso in Italia e nel mondo”.
A proposito di grandi… In questi tempi tiene banco un’altra brutta storia: il “caso Armstrong”, con lo scandalo che ha coinvolto il suo staff e i suoi vecchi compagni di squadra. Qual è la posizione assunta dal CPA, del quale tu sei presidente, sulla vicenda del campione texano? E invece tu, come uomo comune, che idea ti sei fatto? Pensi sia giusto avergli revocato le sette (strameritate direi) vittorie al Tour de France?
“Da sempre il CPA si è opposto al doping e ha sostenuto tutte le iniziative nate per combattere questo flagello. I corridori si pongono mille domande, reclamano che sia fatta luce su questo dossier e che siano indicati tutti coloro che hanno sbagliato. Troppo spesso sono stati puniti solo i ciclisti direttamente implicati negli scandali legati al doping. È quindi giunto il momento che tutti coloro che gravitano nel mondo del ciclismo e che hanno avuto comportamenti scorretti siano ugualmente perseguiti.
Malcontento, delusione, tristezza, rabbia, inquietudine: sono questi gli stati d’animo degli atleti con i quali ho parlato; e, confidenzialmente, ti dico che ritengo ingiusto, dopo che sono passati 7 anni dalla sua ultima vittoria al Tour de France, avergli revocato la leadership nella classifica finale. Se ha sbagliato, e non sono io a poterlo giudicare, è giusto che paghi, ma tale sentenza avrebbe dovuto decretarlo subito e non a posteriori dopo così tanti anni”.
Ricordando un celebre film ho intitolato la mia intervista “Corridore e gentiluomo” e non è a caso che io come tanti altri la pensiamo così di te. Gianni, spiegami una cosa: molti tuoi ex colleghi, compagni di squadra e non solo (si dice il peccato ma non il peccatore), mi hanno detto che sei sempre stato benvoluto e stimato all’interno del gruppo. Ovviamente nella vita non si può stare simpatici a tutti, ma per te pare sia stata fatta un’eccezione… Qual è il tuo segreto per piacere così tanto?
“Innanzitutto essere sempre me stesso! E questo è un consiglio che voglio dare ai giovani: semplicità, sincerità, onestà sono qualità che pagano sempre nel lavoro e nella vita, e così vale anche per l’amicizia.
Da quello che simpaticamente mi dici posso immaginare chi siano “i peccatori” di cui parli: uno potrebbe essere Maurizio Fondriest e l’altro Michele Bartoli, due grandi campioni con i quali ho condiviso un bel pezzo della mia carriera e che rivedo sempre con molto piacere, impegni permettendo. Per farti capire lo stretto rapporto che ci lega, pensa che Michele (Bartoli) ha battezzato il suo secondo genito chiamandolo “Gianni”…
Oltre a occuparmi di ciclismo sono anche un grande appassionato di calcio e con sorpresa ho scoperto che tuo figlio Alessio (ora ventiduenne) è un professionista di cui si dice un gran bene. Da quest’anno, se non sbaglio, gioca in Inghilterra nel Carlisle United. Mancino, esterno di fascia, proprio come me quando volavo sulla sinistra del rettangolo di gioco, bei tempi…
È vero che da piccolo l’hai minacciato più volte se non fosse diventato un ciclista, ma alla fine te lo sei ritrovato con le scarpette bullonate a scorazzare su e giù per il campo? Dai Gianni, sto scherzando! Immagino che a prescindere dallo sport che pratica, tuo figlio resti sempre e comunque il traguardo più bello della tua vita. Qual è oggi il tuo rapporto con lui? Vista la tua giovane età, che tipo di genitore sei? Ti riconosci maggiormente nel ruolo di padre o di migliore amico?
“Ovvio che mio figlio Alessio sia la vittoria più bella della mia vita. Sono molto orgoglioso di lui e del suo lavoro e il nostro rapporto è basato proprio su un mix di entrambe le cose: resto sempre e comunque suo padre, ma mi piace essere considerato anche come il suo migliore amico, un po' più grande e con un po' più di esperienza.
Da piccolo Alessio pedalava ed era anche molto forte; poi, crescendo, la passione per il calcio ha preso il sopravvento. Adesso, con il senno di poi e vedendo i risultati, sono molto felice che sia andata così e abbia preso la sua strada”.
Ci siamo visti a Ravenna, entrambi ospiti dell’amico comune Claudio Brusi, in occasione del convegno “CoScienza Sportiva” che ha preceduto la granfondo FRW.
Tu sei intervenuto nel dibattito sostenendo che tali iniziative fanno bene al ciclismo e allo sport in generale e che possono essere tranquillamente applicate a ogni disciplina, purché questo avvenga nel modo giusto e con persone, come Claudio e il suo Team Rossetti, che se ne assumano fattivamente la responsabilità.
Hai per caso in mente qualche strategia per coinvolgere anche gli alti vertici federali nel dare finalmente una svolta alla lotta contro il doping nello sport?
“Partiamo dal presupposto che ogni atleta che si rispetti nasce per diventare forte e per vincere, ma se, poi, per arrivare a tagliare certi traguardi o a perseguire certi obbiettivi si deve ricorrere a “stratagemmi illeciti”, allora vuol dire che, come sportivo e come uomo, si ha sbagliato davvero tutto!
Lasciando da parte per un attimo i professionisti, che con le nuove leggi dell’UCI sono obbligati a sottoporsi ai controlli antidoping, la “CoScienza Sportiva” dovrebbe far riflettere anche tutto il mondo amatoriale e i suoi numerosi praticanti. Una granfondo non dovrebbe essere vista come una gara competitiva, ma come una cicloturistica senza classifica e, soprattutto, senza stress prestazionale. Purtroppo questo, in Italia, non accade e allora ben vengano iniziative come quella del nostro amico comune Claudio Brusi. Un codice etico anche per i cicloamatori penso sia veramente una bella proposta”.
Così, su due piedi: se tu dovessi fare un bilancio, cos’ha dato il ciclismo a Gianni Bugno e cos’ha dato Gianni Bugno al ciclismo? Se il Gianni Bugno di ieri non ha bisogno di presentazioni e quello di adesso è storia attuale, quello di domani come sarà?
“Gianni Bugno al ciclismo ha dato tanto e dal ciclismo ha anche ricevuto tanto. Per scelta ho deciso di non pedalare più, sono già stato seduto troppi anni sul sellino della bici… Chiuso un capitolo si volta pagina, si guarda avanti”
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