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Vincenza Fumarola si racconta a Roberto Zanetti

Pesaro - Ma guarda chi si rivede. L’avevo conosciuta alcuni anni fa alla premiazione di un circuito, l’avevo vista correre parecchie volte nelle principali granfondo nazionali, ma, da qualche tempo, l’avevo persa di vista. E invece Vincenza Fumarola non è affatto sparita, ha solo cambiato residenza e, in parte, vita mantenendo però sempre vivo quel feeling invisibile che la lega alla bicicletta.

Vincenza, se è vero che “il primo amore non si scorda mai”, il tuo però, sportivamente parlando, non è sono state le due ruote...

«Hai ragione. Infatti, tranne nel periodo della scuola quando la domenica mattina mi divertivo a fare dei giretti con la bici presa in prestito da mio papà, fin da ragazza mi sono dedicata ad altri sport altrettanto impegnativi come il nuoto e, per ben 5 anni, la pallanuoto a livello agonistico. Ti posso dire che il ciclismo e la bicicletta, in quegli anni, hanno fatto solo da contorno, nelle belle giornate di sole, tanto per fare qualcosa di diverso quando finiva il campionato di pallanuoto.

La svolta c’è stata quando, per un certo periodo, ho cominciato a praticare parallelamente sia pallanuoto che ciclismo, cimentandomi in qualche “garetta corta” su strada. Qui, con grande gioia, sono arrivate le prime soddisfazioni, ma conciliare entrambe le cose diventava sempre più impegnativo, così piano piano la bici ha preso il sopravvento sulle altre attività sportive.»

Raccontami i tuoi inizi, le prime emozioni.

«Ho iniziato a gareggiare per una squadra della mia città, con la quale mi sono tesserata. Facevo percorsi sulla media distanza, anche perché agli inizi avevo una preparazione non adeguata e poca esperienza. Mi allenavo con un'amica che forse conosceva la bici ancora meno di quanto la conoscessi io: pensa che bella coppia! La passione, le ore passate in sella e i chilometri pedalati su strada hanno lentamente alimentato la mia voglia di correre, così mi sono “buttata” sui percorsi lunghi che, con tutta probabilità, sono anche i più adatti alle mie caratteristiche atletiche. Sono venuti fin da subito dei buoni risultati e tu sai cosa voglia dire per uno sportivo avere degli stimoli ed essere gratificato... Le emozioni di cui parlo sono cresciute pari pari con le soddisfazioni conquistate in tanti anni di gare e credo che non siano solo legate al risultato in sé ma alla difficoltà, alla fatica di quella specifica giornata di corsa. In particolare, ricordo molto bene una Fausto Coppi e una Marmotte per la loro durezza, e una ex Campagnolo per le avverse condizioni meteo (la neve sul Passo Rolle); insomma, situazioni a volte impreviste che hanno reso queste granfondo delle vere e proprie imprese.

Quando tagli il traguardo di eventi leggendari come quelli che ti ho appena citato, la gioia di essere arrivata in fondo fa passare il risultato in secondo piano, qualunque sia la posizione di classifica o come tu abbia corso durante l’intera gara.»

Provieni da una regione, l’Emilia Romagna, ricca di tradizione ciclistica, in cui la cultura della bicicletta appartiene al Dna di ogni suo abitante. Quanto hanno contribuito le tue origini nella crescita sportiva e in particolar modo nella tua passione per la bicicletta?

«Sono nata a Reggio Emilia, in città, ma da dodici anni mi sono trasferita sulle colline dell’Appennino reggiano. Anche se Reggio è un tranquillo capoluogo di provincia, ho sempre amato la vita di campagna. Forse è per questo che ho iniziato ad andare in bicicletta, per evadere dal centro, dal traffico, per andare alla scoperta di posti nuovi in mezzo alla natura, di spazi aperti.

Parlando di persone, anche sentimentalmente penso di essere una donna fortunata. Ho un compagno che va in bici e, non avendo figli, possiamo dedicare il nostro tempo libero ad allenarci insieme. Anche in casa ci siamo organizzati così bene che lui pulisce e io cucino, insomma abbiamo trovato un buon compromesso. Secondo te qualche donna mi sta invidiando?»

Probabilmente sì, molte vorrebbero essere al tuo posto. Ma, a prescindere da questo curioso aneddoto famigliare, col lavoro come la mettiamo?

«Per fortuna lavoro in ambito sportivo, seguo nuoto e ciclismo all’UISP. Questo mi permette di organizzare i miei orari in modo da avere tempo per gli allenamenti anche durante la settimana, mentre nel weekend, libera da impegni, mi dedico ad allungare le distanze o a gareggiare.

Credo che lo sport sarà sempre presente nella mia vita e, se un giorno il ciclismo dovesse passare in secondo piano (ne dubito), non riuscirò di certo a stare ferma, farò qualcos’altro. Ho bisogno di sentirmi attiva, di muovermi, di star bene, ci sono troppo abituata.»

Vincenza, scusa, non l’abbiamo ancora detto: attualmente con chi sei tesserata?

«Da qualche anno corro per una squadra di Pesaro, la Royal Team, un bel gruppo, in cui ho trovato compagni sempre disponibili a dare una mano e con i quali è un piacere condividere la stessa passione. All’inizio dell’anno si decidono gli impegni e stiliamo un calendario di gare da fare insieme a tutti i componenti del team. L’obiettivo è quello di riuscire ad arrivare nelle prime posizioni della classifica finale dei circuiti, oltre, ovviamente, al risultato della singola gara. Insomma, si parte sempre con spirito competitivo e agguerrito, poi nel corso della stagione quello che viene va comunque bene, l’importante è stare uniti e fare gruppo.»

Quali sono le abitudini di vita che ti hanno permesso ancora oggi di mettere la ruota della tua bici davanti a qualche altra donna più giovane?

«Nella mia vita c’è un po’ di spazio per tutto, non esiste solo la bicicletta, forse è proprio questo il segreto per cui dopo tanti anni sono ancora competitiva. Già da tempo ho fatto delle scelte ben precise, conducendo una vita sana, da sportiva, senza particolari vizi. Anche se nel periodo in cui non ci sono gare mi dedico a qualche uscita mondana e non rifiuto mai un bicchiere di vino o di birra. Se devo essere proprio sincera, chi mi conosce sa che ai pasta party prendo sempre il vino... unica mia trasgressione.»

Come ti prepari alla stagione agonistica?

«Anch’io, come fa ormai la maggior parte degli amatori, quando mi preparo ad affrontare una nuova stagione di gare seguo le tabelle di un preparatore. Innanzitutto mi piace avere una traccia da seguire e degli esercizi che mi servano a capire quello che sto facendo. Trovo sia interessante imparare ad allenarsi e sono anche sicura che, se dovessi andare in bicicletta senza un metodo preciso, rischierei di annoiarmi e di non avere più punti di riferimento.»

Oltre al personal trainer, chi sono i tuoi “angeli custodi” per quanto riguarda il mondo bici?

«Col passare degli anni ho capito quanto potesse essere importante curare l’aspetto biomeccanico e il posizionamento. Dato che, correndo “i lunghi”, devo stare tante ore seduta sul sellino della bici, mi sono avvalsa della collaborazione di Alessandro Mariano, biomeccanico del Centro Fisioradi di Pesaro. Solo con la sua preziosa consulenza ho potuto continuare a migliorarmi e rendere al massimo per tutti questi anni. Spero di poterlo fare ancora per tanto tempo…»

 

 

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