Ci siamo quasi. Una manciata di ore e per Alban Nuha si spalancheranno, per il tempo che sarà necessario alla conclusione della prova iridata, le porte del professionismo.
Alle 12:40 di domani mercoledì 12 ottobre 2016 (diretta su Rai Sport 1 e live sul canale YouTube ufficiale dell’UCI tv.uci.ch), il coratino d’adozione vestirà la maglia giallo-blu della nazionale per rappresentare il suo paese, il Kosovo, nella massima rassegna mondiale di ciclismo su strada, i campionati del mondo di Doha (Qatar).
Dieci giorni fa la notizia della sua inaspettata convocazione, la sua storia che improvvisamente diventa pubblica, entusiasmando il movimento ciclistico. E non solo. Con i riflettori dei media puntati, giovedì è partito alla volta del Kosovo e insieme alla squadra ha fatto prima rotta per Istanbul e poi per il Qatar, dove è giunto sabato per preparare con cura ogni dettaglio.
Sarà professionista per un giorno, ma la sua esperienza non è effimera, il suo non è un personaggio sui generis come Totò nel celebre “Totò al Giro d’Italia”. Alban è un ciclista a tutti gli effetti e un professionista come pochi nel suo lavoro. La sua vicenda umana e la complessa storia del suo Paese d’origine non gli hanno spalancato, quando sarebbe stato il momento, le porte del ristretto club dei prof. Ma che abiti in una reggia o in una casetta di campagna l’amore è sempre l’amore.
Può cambiare la forma esteriore, ma la sostanza è immutata e immutabile. Così Alban non ha mai abbandonato le due ruote e, tra i master si è tolto anche importanti soddisfazioni, come la vittoria della classifica generale dell’Iron Bike MTB 2014. Senza dimenticare la parentesi da élite al Giro del Kosovo, (gara a tappe di cinque giorni) conquistato nel 2015 e sfiorato nel 2011 (terzo) sempre con la maglia della nazionale.
Si, di stoffa questo ragazzo ne ha da vendere. La sua è una di quelle storie che rendono epico il ciclismo e che rimandano a tempi ben più eroici. E siamo sicuri che non avrà certo bisogno del fil di nylon tra i denti o del patto con il diavolo (parafrasando una delle più celebri scene del film) per dare il meglio di sé in questa che, senza retorica, è la corsa della vita.
Al termine dell’ultimo allenamento di rifinitura lo abbiamo raggiunto telefonicamente. Ci ha risposto con la classe e la gentilezza di sempre, svelandoci curiosi retroscena ma anche dettagli tecnici sul percorso, che tradiscono una precisione e cura del dettaglio degni di un professionista. Le sue parole trasudano dell’emozione della scoperta e dell’incanto della prima volta. È il bimbo al suo primo giorno di scuola, Napoleone davanti alle piramidi, Bingham alle rovine di Machu Picchu.
Roberto: Sei a tutti gli effetti un prof. Come ti senti? Com’è passeggiare nell’ambiente?
Alban: «Stare in questo ambiente è un’esperienza unica. Ieri sono uscito in allenamento e ho incontrato tutte le nazionali più importanti. E considerando che per me e per la squadra del Kosovo è la prima presenza in una manifestazione del genere, è tutto nuovo. Il feeling è positivo. Ieri due nostri ragazzi hanno corso tra gli Under 23 a cronometro e sono arrivati nei primi 70. Il livello è altissimo e tecnicamente il Kosovo non è ancora pronto con le bici e le strutture tecniche adatte ad affrontare questo tipo di gare. Io in questo mondo non ci sono mai stato, la prova contro il tempo non è un mio punto forte, ma proverò a dare il mio massimo e acciuffare il risultato migliore possibile. Di certo non potrò competere con i maestri del settore, ma ce la metterò tutta. Promesso. Non ho paura di nessuno, questo è poco ma sicuro. Il trucco è partire sempre con l’obiettivo di vincere, poi siamo comunque in crescita e già stare qui e partecipare è un onore per noi».
R: I pareri sul tracciato di Doha sono quanto mai discordanti. Spacciato per estremamente semplice sta rivelando molte insidie nascoste, che potrebbero riservare qualche sorpresa. Cosa ne pensi tu del percorso dopo averlo provato?
A: «Il percorso è abbastanza facile dal punto di vista altimetrico. Si svolge tutto in nel cuore delle costruzioni moderne di Doha, è tutto piatto con molte curve e rotatorie. La differenza la fa il vento, che, proveniente dal mare, soffia tanto e spesso. In allenamento stiamo provando ad abituarci al clima torrido e all’umidità. Ma più di tutto ciò che infastidisce è l’inquinamento pazzesco. Stare in una città del genere qualche giorno questo ambiente è difficile, non oso immaginare cosa voglia significare viverci. Non so come facciano. Basti pensare che oggi sono uscito in allenamento con tutta la divisa pulita e al rientro i calzini erano neri per lo smog delle auto. L’aria è irrespirabile».
R: Quale è la strategia giusta per affrontarlo? E il tuo feeling con la bici?
A: «Sto prendendo molto feeling con la bici. Ieri già la sentivo molto più mia e dopo la terza uscita comincio ad abituarmi alla posizione da cronoman. Il vento incide tantissimo e talvolta è difficile restare in piedi, rischiando di rovinare sull’asfalto. Bisogna saper guidare molto. Tra i migliori farà la differenza sì chi ha gambe, ma con tutte quelle curve e quelle insidie ci vorrà anche molta tecnica ed esperienza».
R: Cosa porterai sempre con te di questa avventura?
A: «Sono esperienze che alla fine dei conti vengono una volta nella vita, perché tanta gente potrebbe solo sognare una cosa del genere. Io ho avuto questa opportunità che non dimenticherò mai, per tutto il resto della mia vita. Una volta per sempre ce l’ho fatta a stare tra i migliori del mondo. Che è sempre stato uno dei miei obiettivi, ma che per tante ragioni non ho potuto perseguire a livelli più alti, arrangiandomi nel mio piccolo, ma senza mai lasciare la bicicletta e lo sport. Di sacrifici nella vita ne ho fatti ed è un grande traguardo già stare qui. Per le altre cose vedremo, sarà molto molto dura. Ma, in fondo, che fa?».
R: Un messaggio a tutti i tifosi, tantissimi, che domani ti seguiranno in diretta e che hanno imparato a conoscerti nelle tue esperienze ciclistiche e lavorative o anche solo in questi ultimi giorni per la rara bellezza della tua storia.
40, il numero di gara di Nuha, appena consegnato
A: «A tutti i ragazzi che seguiranno la gara mercoledì chiedo di fare il tifo per me, è un onore per me sapere di avere tanti tifosi in Italia con tutti gli amici e appassionati di questo sport. Io vi farò vedere la mia grinta sin dove arriva. Non mi limiterò in nulla, sprecherò sino all’ultima goccia di sudore sulla bicicletta. Questo è poco ma sicuro».
Una gran classe. Inutile, Signori (e professionisti), si nasce. Non si diventa.
In bocca al lupo Alban, da parte di tutta la redazione de Lo Stradone. Dàll fòrt!
Roberto Ferrante
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