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La lombalgia del ciclista

Pesaro - I risvolti socio economici correlati al mal di schiena hanno fatto si che nell’ultimo trentennio si siano moltiplicati gli studi su questo argomento con la costante evoluzione delle metodiche di indagini epidemiologiche e di analisi dei risultati, soprattutto in ambito lavorativo e sportivo. Si sono ulteriormente incrementati gli studi e le analisi sia con modelli biomeccanici che con misurazioni dirette della pressione intradiscale e con l’elettromiografia diretta, studi che hanno dimostrato come alcune azioni ripetute, le posture fisse prolungate, le sollecitazioni dovute a vibrazioni ed a movimentazione gravi, determinano sulle strutture muscolari e legamentose delle forze tensili significative e delle importanti forze di compressione sulle ossa e sulle superfici cartilaginee. Il danno meccanico di una struttura può derivare sia da un sovraccarico che da un cedimento da fatica dovuto a carichi ripetuti  e il tessuto osseo risente dei microtraumi ripetuti piuttosto che dei singoli eventi traumatici. In pratica, ancora oggi è difficile poter decidere su una causa o sull’altra, certo è che  la possibilità che questi eventi si verifichino aumenta man mano che cresce l’impegno fisico ed aumenta proporzionalmente al tempo di eposizione ad essi. Inoltre non necessariamente la sintomatologia dolorosa viene avvertita immediatamente dopo uno o più eventi traumatici, di conseguenza l’episodio può sfuggire all’anamnesi del paziente.

Oggi abbiamo la certezza degli eventi che possono causare disturbi al rachide nell’attività sportiva?

Le conoscenze attuali sugli effetti dell’attività sportiva sulla colonna sono ancora frammentarie. Su tale problema c’è discordanza. La difficoltà maggiore è riuscire a chiarire la catena degli eventi che determinano i disturbi al rachide. Di certo sappiamo che per migliorare il  proprio rendimento l’atleta deve allenarsi ripetendo migliaia di volte esercizi e movimenti che portano a migliorare la prestazione. Si creano così i presupposti per le patologie da sovraccarico funzionale  sulle strutture organiche maggiormente esposte a seconda della disciplina praticata, per le quali grande importanza rivestono anche il tipo di attrezzature utilizzate, il tipo di allenamento, la periodicità, le condizioni ambientali e l’equipaggiamento sportivo. Nella lombalgia da sport è quindi presente una plurima sovrapposizione di cause patologiche vertebrali e non, intrinseche ed estrinseche per le quali, spesso e nella maggior parte dei casi, non è possibile identificare uno stretto rapporto tra quadro clinico e alterazioni morfologiche documentabili  radiologicamente.

Per una diagnosi corretta è necessario consigliare esami strumentali?

L’osservazione di un esame radiologico privo di modificazioni sostanziali è un evento quanto mai frequente e la presenza di una sintomatologia dolorosa potrebbe confermare il sospetto di un prevalente coinvolgimento delle strutture muscolari, tendinee e legamentose nella patogenesi delle lombalgie da sport. Naturalmente questo concetto non vuole negare l’importanza delle indagini strumentali indispensabili  per individuare ed eventualmente escludere cause patologiche ( spondilolisi, spondilolistesi, morbo di Scheuermann, ernia del disco) per meglio orientare l’intervento terapeutico a fine prognostico.

Il ciclista soffre frequantemente di lombalgia?

Nel ciclismo gli atleti sono sottoposti a notevoli sovraccarichi in particolare su alcuni distretti: collo, ginocchia, mani, caviglie. Ma anche il rachide lombosacrale risulta interessato con elevata frequenza, infatti la lombalgia  ha una prevalenza, secondo  le casistiche più accreditate, tra il 30 e il 60%. Anche nel caso dei ciclisti infatti, quando la resistenza dei meccanismi di difesa della colonna viene ad essere vinta o messa a dura prova dalle sollecitazioni e dalle forze esterne agenti sul rachide, di intensità e durata superiore al normale, le lesioni che si determinano possono portare a sintomatologia dolorosa sia acuta che cronica e a patologie di tipo degenerativo a carico dei dischi intervertebrali e delle faccette articolari. In particolare la posizione  fissa di flessione avanti della colonna, le continue vibrazioni e i sobbalzi della bicicletta creano una condizione favorevole al prodursi di sollecitazioni maggiori e di forze di tipo compressivo e di taglio che si scaricano in modo incongruo sul rachide lombosacrale atteggiato in posizione non fisiologica.

Quali sono gli altri fattori che possono causare dolori lombari?

Altri fattori quali l’utilizzo di rapporti molto lunghi e quindi faticosi che costringono le braccia ad esercitare una maggior pressione sul manubrio, il tipo di bicicletta, il non cambiare frequentemente la posizione delle mani sul manubrio, la posizione e l’imbottitura della sella, creano una situazione di “rischio” oggettivo e la lombalgia è il “danno” che  in alcuni soggetti ne consegue a volte anche a distanza di tempo quando, cessata l’attività sportiva, viene a mancare il supporto protettivo di una muscolatura allenata. Una cosa importante è controllare la postura in bicicletta. Il normale profilo geometrico della colonna, che vede l’alternarsi di una serie di curve armoniche, viene completamente stravolto dalla posizione in sella.

Le geometrie dei moderni telai, infatti, impongono l’assunzione di posizioni non sempre confortevoli, ma efficaci nell’ottimizzare la capacità di esprimere potenza sui pedali e, soprattutto, nel ridurre la superficie corporea esposta all’aria (sezione di superficie frontale), che rappresenta la maggiore resistenza all’avanzamento. È evidente che quanto più questi fattori sono ricercati, come nell’attività agonistica, tanto più la postura in sella sarà esasperata. I principali adattamenti della colonna a questa posizione riguardano prevalentemente il tratto lombare e cervicale. La necessità di posizionare il tronco più parallelo possibile al terreno, mantenendo, nel contempo, una buona visione della strada, determina un annullamento della lordosi lombare, fino all’inversione della curva, e un aumento della lordosi cervicale. Non a caso, sono questi i distretti più frequentemente sede di problemi. Tuttavia, le cause che determinano l’insorgenza di dolore sono molto complesse e non sempre facilmente spiegabili, in considerazione del fatto che interessano solamente alcuni soggetti e, molto spesso, in assenza di evidenti alterazioni o patologie della colonna.

Quali sono i consigli da dare ad un ciclista?

Le maggiori carenze si riscontrano sul piano della prevenzione che, alla luce delle recenti acquisizioni scientifiche e sulla base della nostra esperienza, merita invece di essere considerata non solo concretamente possibile, ma anche indiscutibilmente efficace. In un ragazzo sano, la prevenzione del danno si può attuare solo operando nell’ottica del cambiamento laddove si evidenzino modificabili fattori di rischio oggettivo e soggettivo predisponenti all’insorgenza di microtraumi.

In primo luogo e non solo per migliorare la prestazione, dovrà essere ricercata la posizione ottimale sulla bicicletta, attraverso opportune modificazioni del mezzo, al fine di ridurre l’eccessiva flessione della colonna. L’atleta dovrà imparare a cambiare spesso la posizione delle mani,  a non sovraccaricare l’articolazione del gomito e a conoscere le caratteristiche  della bicicletta per meglio adattarle alla sua posizione.

Siamo dell’avviso  che l’atleta debba essere educato perché acquisisca consapevolezza della colonna vertebrale e di una corretta esecuzione sia del gesto tecnico specifico sia degli esercizi necessari per l’allenamento organico: a tale proposito, durante le sedute di allenamento, potrebbe risultare necessario modificare la tecnica esecutiva di alcuni esercizi oppure  sostituirli con altri aventi le stesse finalità ma con caratteristiche che producano minor carico; potrebbe risultare utile ridurre il numero delle ripetizioni o inserire esercizi di compenso e decontratturanti e informare l’atleta sulle norme di educazione comportamentale (back school) per imparare a gestire la colonna anche nelle normali attività della giornata.

Riteniamo inoltre indispensabile affrontare la prevenzione del danno con programmi di allenamento della forza, della resistenza e degli equilibri muscolari anche nel riallenamento dopo uno o più episodi dolorosi, procedendo ad una accurata revisione dei programmi di allenamento e inserendo esercizi personalizzati che prevedano tra l’altro la correzione degli eventuali atteggiamenti viziati, degli scompensi muscolari (accorciamenti e contratture) e delle rigidità articolari. In alcuni casi, tuttavia, anche in soggetti giovani e in assenza di patologie preesistenti, l’attività ciclistica determina fastidiosi disturbi.

Cosa deve fare un ciclista quando ha dolore lombare?

I medici che si occupano di ciclismo sanno che, in caso di dolore vertebrale, è innanzitutto necessario evidenziare o escludere, anche mediante esami strumentali, la presenza di patologie conclamate che necessitano di interventi terapeutici specifici e mirati. Bisogna poi evidenziare o escludere, attraverso un’attenta valutazionefisioterapica/ osteopatica, che la problematica derivi da fenomeni di disfunzione articolare (“blocchi”), che sovente si verificano in occasione di traumi anche lievi o in caso di importanti disequilibri posturali. Una volta evidenziate eventuali disfunzioni articolari, queste andranno rimosse attraverso specifiche manovre e/o manipolazioni.

Va inoltre effettuato un attento esame clinico-posturale del soggetto, ricercando, in particolare, paramorfismi e dismorfismi del-l’apparato locomotore, ma anche disfunzioni dei cosiddetti “recettori della postura” (apparato dentale, vista, appoggio plantare ecc.). È importante verificare e correggere la posizione in sella, anche in condizioni dinamiche (sui rulli), ponendo particolare attenzione alla postura del bacino, che potrà risultare ruotato, e al movimento della colonna lombare durante la pedalata. Sarà poi necessario ricercare eventuali stati di contrattura dei principali muscoli interessati nel compimento del gesto e istruire il ciclista sulle procedure da adottare per ottenerne il rilassamento.

 

Fonte: Maurizio Radi - Studio Fisioradi