Mer12042024

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Da Emanuele Esaia il racconto della 6°tappa di SenzaGiro

 

 

Da Catania a Villafranca Tirrena: una tappa di trasferimento, dopo la scalata dell’Etna di ieri. Si parte dalla terra delle nere pendici laviche, dure sia alla vista sia al tatto, che di tanto in tanto servono da scivolo per colate di fuoco, anticipate da qualche petardo di avvertimento per gli abitanti del circondario. Spesso non fanno danno, solo fumo e cenere.

Bisogna sapere che l’Èttina è un tipo incazzusu, che trattiene il fiato per anni e poi esplode, guardando tutti dall’alto verso il basso, forte della sua taglia: un peso massimo, tra i vulcani d’Europa.

Nei giorni di sole, il gigante di pietra nera sembra scrutare l’orizzonte, a oltre cento chilometri di distanza. E lo fa col tipico sospetto siculo, in silenzio. È probabile che stamattina, con tono diffidente, con una punta di insofferenza verso la carovana del Giro, si sia rivolto ai fratelli più piccoli che stanno nelle Eolie, a Stromboli e Vulcano, per chiedere: «Ma angora assai hann’ a sdari gà?» (si fermano ancora a lungo?).

La risposta dei parenti, più avvezzi a un turismo estivo rumoroso, a gente che proviene da ogni parte del mondo, sarà stata qualcosa del tipo: «Cumpari, tranquillu! L’uttimu ionnu è, dumani si ni vannu nte Calabri» (domani se ne vanno in Calabria).

Ed è un peccato, perché «l’Italia, senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto». Lo ha scritto, due secoli fa, Johann Wolfgang Goethe: uno che di “grandi Giri” se ne intendeva parecchio.

 

Continua a leggere il resto del racconto a cura di Emanuele Esaia (illustrazione di Riccardo Guasco) al link https://senzagiro.com/2020/05/14/6a-tappa-catania-villafranca-tirrena/