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Fiorenzo Magni: i 100 anni del Leone delle Fiandre

 

 

Cento anni fa, il 7 dicembre 1920, nasceva Fiorenzo Magni. E' stato il "terzo uomo" del periodo classico del ciclismo mondiale: tra Fausto Coppi e Gino Bartali. Di lui si potrebbe dire quello che si è poi detto qualche anno più tardi di Felice Gimondi. Gimondi avrebbe vinto molto di più se non avesse incontrato sulla sua strada un certo Eddy Merckx; per il campione toscano vale lo stesso riguardo Coppi e Bartali. Il palmares, però, nonostante questo, è impressionante. Professionista dal 1941 al 1956 vanta un'ottantina di successi tra cui 3 Giri delle Flandre (1949, '50, '51), 3 Giri d'Italia (1948, 1951, 1955), 6 tappe al Giro (1 nel '48, 1 nel '50, 3 nel '53, 1 nel '55), 7 tappe al Tour (1 nel '49, 1 nel '50, 1 nel '51, 2 nel '52, 2 nel '53), 3 tappe alla Vuelta (nel '55), 3 titoli italiani (1951, '53, '54). Gli unici rammarichi, forse, della sua straordinaria carriera il 2° posto al Mondiale 1951 a Varese dietro a Kubler e il Tour de France del 1950 che fu costretto ad abbandonare mentre indossava la maglia gialla.

Dal punto di vista sportivo resterà nella storia di questo sport soprattutto per le tre vittorie consecutive al Giro delle Fiandre. Raccontano le cronache che in occasione del primo successo, nel 1949, raggiunge Gand in treno, in compagnia solo di Tino Ausenda perché alla sua squadra, la Wilier Triestina, non interessa partecipare. Per tre anni la corsa forse più difficile e affascinante del panorama internazionale sarà sua.

Una volta smesso di pedalare, come ricorda Pier Bergonzi in uno splendido speciale uscito domenica 6 dicembre su La Gazzetta dello Sport, "è stato il volto più autorevole del nostro ciclismo dal dopoguerra in poi." Geniale dirigente, l'ultima sua creazione è stato il Museo del Ghisallo, che considerava come una sorta di testamento.

L'immagine che forse però colpisce ancora il cuore degli appassionati e stupisce i tanti giovani che nel tempo scoprono le imprese dei campioni del passato è legata al Giro del '56, vinto da Gaul e nel quale Fiorenzo arriva secondo. Nella tappa di Bologna cade, si rialza e arriva al traguardo con la clavicola fratturata. Il giorno dopo si presenta alla cronometro con una fettuccia tra i denti e il manubrio, per non muovere le spalle e non sentire troppo il dolore.

La foto di quell'impresa resta come testimonianza di storie che solo il ciclismo è stato in grado di raccontare in questi anni, così come la stima e il rispetto che l'hanno sempre legato ad Alfredo Martini, avversario (prima) e compagno di squadra (poi), ma sempre amici nelle rispettive differenze e diversità. I fatti, noti e su cui si è scritto tanto, del 1947, in un'Italia ancora alle prese con una riconciliazione difficile dopo le divisioni e i lutti della seconda guerra mondiale, rappresentano un esempio ancora vivo della capacità dello sport di superare le divisioni. Una lezione ancora attuale e che vale più di una bella vittoria.